giovedì 27 ottobre 2011

Chi era Ferdinando Valletti e chi ha scritto di lui

Ferdinando Valletti con Rhoda al parco Monte Stella


Ferdinando Valletti nasce a Verona il 5 aprile 1921  e muore a Milano il 23 luglio 2007
Trascorre l'infanzia e l'adolescenza in un collegio e si diploma all'Istituto Industriale Galileo Ferraris di Verona Nel 1938 viene assunto all'Alfa Romeo di Milano in qualità di "Maestro d'Arte" nel 1941 
Nel marzo 1944 collabora per la realizzazione dello sciopero all'Alfa Romeo, viene arrestato dagli uomini della MUTI, inviato al carcere di S.VITTORE e deportato prima a Mauthausen e successivamente a GUSEN dove aiuta molti suoi compagni di sventura e salva la vita  al Prof. Aldo Carpi che lo cita nel suo libro "DIARIO DI GUSEN" 
Il 5 maggio 1945 viene liberato dagli americani e inviato in un campo della CRI in Svizzera per le sue pessime condizioni di salute 
Nell'agosto del 1945 viene rimpatriato e ricoverato in casa di cura, in seguito gli verrà riconosciuta dallo Stato una indennità come "Mutilato di Guerra". 
Nel 1946 riprende il lavoro all'Alfa Romeo e inizia la sua ascesa professionale
Nel 1947 viene insignito della Medaglia Garibaldina al valore militare e gli viene assegnato il "Brevetto di Partigiano Combattente" per i suoi meriti durante la deportazione
Nel 1961 diviene dirigente del settore logistica dell'ALFA ROMEO e dal 1970 diviene docente nel settore della Logistica Aziendale dell'Associazione Meccanica e dell'I.S.E.O. e partecipa in qualità di relatore al "TRAMAG" il salone internazionale della movimentazione e della logistica a Padova.
 Nel 1970 viene nominato Presidente del Gruppo Anziani dell'Alfa Romeo e realizza un programma di attività assistenziali, culturali e ricreative che pone il Gruppo Anziani dell'ALFA ROMEO all'avanguardia tra i Gruppi Aziendali dell'A.N.L.A. 
Nel 1975 viene nominato "Maestro del Lavoro" dal Presidente della Repubblica 
Nel Febbraio del 1976 riceve l'AMBROGINO dal Sindaco di Milano Aniasi 
Nel 1978 raggiunge i 40 anni di servizio e lascia l'attività lavorativa all'ALFA ROMEO
Nel 1980 inizia la sua testimoninanza nelle scuole medie e superiori di Milano tramite l'ANED, lo scopo che si prefigge è quello di far comprendere ai ragazzi quanto sia importante conoscere per non dimenticare ed impegnarsi affinchè gli orrori subiti da molti innocenti non si ripetano. 
Nel 1993 la sua salute viene minata da gravi patologie, l'ultima delle quali, il morbo di Alzheimer, lo costringe nel 2000 a rinunciare alla sua attività didattica.
Nel 1994 presenta all'Accademia di Brera con Pinin Carpi (figlio del noto pittore Aldo Carpi) e altre personalità, la seconda edizione del "DIARIO DI GUSEN" 
Nel 2010 riceve la Medaglia d'Onore postuma, consegnata alla figlia Manuela

Qui si parla di Ferdinando Valletti

- Milanometropoli
MilanNewsGiorno della memoria, il calcio e la vita
-  Daniele Abbiati, Una vita da mediano per salvarsi dal lager, 27 gennaio 2010
-  Walter Veltroni, Ricordo di Ferdinando Valletti e delle vittime della Shoà
Bibliografia
Aldo Carpi, Diario di Gusen, Einaudi, Torino, 1993
Italo Tibaldi, Gusen. Sottocampo di Mauthausen, Aned, Milano, 1990
Duccio Bigazzi, Il portello. Operai, tecnici e imprenditori all'Alfa Romeo , Franco Angeli, Milano, 1988 Manuela Valletti Ghezzi, Deportato I 57633: Voglia di non morire 2011, ISBN 9788866820482
Manuela Valletti Ghezzi, Papà mi portava in bicicletta, Photocity, Pozzuoli, 2008, ISBN 9788862231633

mercoledì 26 ottobre 2011

La betulla il nostro logo






Per il nostro logo abbiamo scelto un albero bellissimo, la Betulla. 

Questo albero è universalmente riconosciuto come simbolo di sacrificio, di rinascita e di conoscenza. 
La nostra Associazione è nata proprio in ricordo di una persona, Ferdinando Valletti, che ha ispirato la sua vita a queste tre parole. 
La Betulla è anche l’albero legato al principio, al germoglio vitale, ai primi passi sul sentiero prescelto, noi ci auguriamo che il sentiero che ci apprestiamo a seguire sia condiviso da molte persone e che il “nostro albero” si di ottimo auspicio. 

 Milano, 8 febbraio 2010

Il libro sulla deportazione di FERDINANDO VALLETTI

Il libro su Ferdinando Valletti è fresco di stampa Oggi è stato messo in vendita il libro “Deportato I 57633 Voglia di non morire” la storia del deportato calciatore Ferdinando Valletti scritto dalla giornalista Manuela Valletti, figlia di Ferdinando. Il libro, che ha sostituito una edizione ritirata dal commercio, è stato completamente modificato sulla base dei molti appunti che F.Valletti lasciò sul suo soggiorno a GUSEN II, che erano sconosciuti a tutta la famiglia, e a documenti giunti dall’ ITS di Arolsen.


Ecco la descrizione del libro..

 “Una sera del marzo 1944 Ferdinando Valletti, un giovane uomo di 23 anni, lavoratore dell’Alfa Romeo e giocatore del Milan con il soprannome di “Nando , venne prelevato da una squadra della Muti dalla sua casa di Milano senza alcuna spiegazione. Ne lui ne la sua famiglia sapevano che questo sarebbe stato l’inizio di una calvario durato 18 mesi nei lager di Reichenau, Mauthausen e Gusen. Valletti si era molto impegnato nella organizzazione dello sciopero generale con altri 21 lavoratori dell’Alfa Romeo, che furono tutti deportati grazie ad un delatore. Ciò che troverete in questo libro è il racconto della terribile esperienza di un uomo, ma anche del suo coraggio della sua tenacia per sopravvivere e della sua generosità nel prodigarsi per salvare  i compagni. Alla fine, “Nando” tornò a casa anche grazie ad una partita di pallone giocata nel lager e nonostante le sofferenze patite riuscì a perdonare.
Ferdinando Valletti era mio padre."

.Chi volesse acquistare il libro lo trova qui e in tutte  le librerie on line a cominciare da Amazon
Il libro potrà essere accompagnato a richiesta, dal bellissimo DVD " Deportato i 57633 voglia di non morire" realizzato  dal regista veronese Mauro Vittorio Quattrina che ha messo il suo talento nella realizzazione della storia di Ferdinando Valletti ottenendo un grande successo.

martedì 25 ottobre 2011

News ed eventi

La nostra Associazione promuove sempre le iniziative per la "Memoria" o interviene, se invitata, anche alle iniziative di altri enti .

 Troverete su questa pagina tutti gli appuntamenti di cui siamo stati protagonisti
 Vi informiamo anche che siamo i promotori di un bellissimo gruppo su FB "Binario 21 Deportati nei lager nazisti" che conta quasi 4000 iscritti e  al quale vi invitiamo ad iscrivervi.

Foto, video e servizi stampa e radio-televisivi su Ferdinando Valletti



  •  VALLETTI: FROM THE SAN SIRO TO GUSEN



Ferdinando Valletti in una partita con il Milan vecchie glorie 

VALLETTI: FROM THE SAN SIRO TO GUSEN THE NAME FERDINANDO VALLETTI MIGHT NOT STAND OUT AMIDST THE ILLUSTRIOUS HISTORY OF AC MILAN, BUT HIS STORY IS ONE OF THE MOST INCREDIBLE. FROM THE SAN SIRO TO GUSEN, PAUL GRECH TELLS THE STORY OF A PLAYER WHO SURVIVED THE HORRORS OF MUSSOLINI’S ITALY. 

Although inconsequential when compared to the horrors that were inflicted elsewhere, the Second World War robbed a whole generation of footballers of the finest years of their career. Those who went to war as young men returned to find that they only had a few years left in their legs and yet they were the lucky ones. Others either didn’t return at all or else didn’t have the strength to continue playing. Unlike many, however, it was during the war that Ferdinando Valletti played the most important games of his life in a setting that was as distant from the stadia of the Serie A as possible. A defensive midfielder of some promise, he began playing for Hellas Verona, then in the Serie B, when just seventeen before moving to Milan to work as an engineer at the Alfa Romeo factory. There he began playing for Third Division side Seregno where he caught the eye of AC Milan’s coaching staff, eventually joining the rossoneri at the start of the 1942-43 season. With them he played alongside a certain Giuseppe Meazza before injuries cut short his season. Despite this, the future for him seemed full of promise. 

 HE PLAYED ALONGSIDE A CERTAIN GIUSEPPE MEAZZA BEFORE INJURIES CUT SHORT HIS SEASON. DESPITE THIS, THE FUTURE FOR HIM SEEMED FULL OF PROMISE. All that changed one night in March 1944 with a knock on his door. Some work colleagues had named him as one of those behind a strike at the factory and that was enough to get Valletti arrested. He was taken to the San Vittorio prison along with twenty two others and, eventually, the Mauthausen concentration camp. There he was put to work in a quarry before being transferred to Gusen, working in constructing underground tunnels. Then, one day, the prisoners were asked if there was anyone good at football because the prison officials need an extra player; it was an incredible piece of luck and one that Valletti did not waste. Despite being severely undernourished, he plays and impresses in the most important game of his life. His reward is a life-saving transfer to work in the camp’s kitchens. “Football saved his life,” confirms his daughter Manuela Valletti. “It seems surreal that in a concentration camp, while people were dying, the SS played football but that is what happened.” “He was asked whether he could play football and put himself forward even though he weighed just 39kg. He was thrown in to play without any shoes on and in his prison slacks. If he hadn’t played he would have been killed but he did and won a place on the kitchen staff. There he found a way to help others by passing on some food.” The Italian painter Aldo Carpi, another Gusen detainee, name-checked Valletti on a number of occasions in his Gusen Diaries indicating him as one who helped save his life on a number of occasions.  

ALL THAT CHANGED ONE NIGHT IN MARCH 1944 WITH A KNOCK ON HIS DOOR. SOME WORK COLLEAGUES HAD NAMED HIM AS ONE OF THOSE BEHIND A STRIKE AT THE FACTORY AND THAT WAS ENOUGH TO GET VALLETTI ARRESTED Valletti passed away in 2007 and to the end remained reluctant to talk about his experiences. “He never spoke about what happened. I remember that once I went with him to meet some people who now I know where others who were deported from Alfa Romeo. He left me to play in the garden because he didn’t want to distress me.” “He had a box with all the material that he had collected on Mauthausen which he kept hidden away. I only discovered that shortly before his death.” Of those stories that Manuela heard, the one that she enjoyed most was that of her father’s return home. “It was the first time we met each other. He had been taken away when my mother was pregnant and returned when I was ten months old. He didn’t even know whether he had a son or a daughter. He always told me that as soon as he saw me he started crying with joy. This bond between us remained and we always understood each other.” One thing that was never the same upon his return was his ability to play football. “He needed treatment and couldn’t play any more. But he got in touch with some of his old teams and even was manager of some Serie C sides.” Despite the horrors that he had witnessed, Manuela says that “my father was an optimist, full of energy who always wanted to help others. Even at work at Alfa Romeo (where he returned after the war) he was greatly loved by those who worked for him because he understood their problems and always looked to improve their conditions.” It was arguably that optimism that kept him fighting to survive during the war. 
Not for nothing that when Manuela came to write his life story she titled the book “Deportato I57633: Voglia di Non Morire” (Deported I57633: A Wish to Not Die). “For me it is a duty to talk about it,” she says about the reason behind her writing this book. “A lot of those who were deported are now dead and only a few survive till this day. Their children and grand children cannot let the horrors of these extermination camps be forgotten. Till I can I will keep on reminding people in any way that I am allowed to.” That book also served so that AC Milan realised that Ferdinando Valletti had been on their books and eventually the club’s official historian took part in a number of remembrance day ceremonies. Despite this acknowledgement, Manuela would like a little bit more; “I’d love it if Milan could put up a commemorative plaque in his memory at the San Siro Stadium”.

 Words by Paul Grech Spiel Magazine We reccomend that you sign up for Paul’s football newsletter


L’On.Veltroni ricorda Ferdinando Valletti

L’On. Walter Veltroni nella Giornata della Memoria ricorda Ferdinando Valletti e le vittime della Shoà

Nella “Giornata della Memoria” abbiamo chiesto all’On. Walter Veltroni di commemorare le tante vittime della barbarie nazifascista che vide perire milioni di innocenti durante il secondo conflitto mondiale. Fra i tanti che si distinsero per atti di eroismo ed umanità Walter Veltroni ricorda la figura di Ferdinando Valletti, ex calciatore del Milan e deportato nel campo di sterminio di Muthausen.
scritto per noi 
dall’On. Walter Veltroni
La vicenda umana di Ferdinando Valletti, così come affettuosamente ce la racconta la figlia Manuela, è quella di un eroe antieroe, prezioso per quello che ha fatto e per come lo ha fatto, per la semplicità dei suoi gesti di solidarietà e per l’impegno proseguito tutta la sua vita per non dimenticare. E’ bello che La Perfetta Letizia abbia deciso di ricordare il Giorno della Memoria e lo faccia con questa testimonianza semplice e toccante.
Perché ho definito Valletti un eroe-antieroe? Per mille motivi: è un ragazzo come tanti, un operaio e un calciatore (una cosa come questa oggi sembra impossibile, ma che sapore doveva avere quel calcio così lontano dai soldi e dai riflettori), un diciassettenne diplomato alle scuole tecniche, orgoglioso del suo posto in fabbrica come della maglia del Milan.
Un giovane che gioca con Meazza ma che guida anche gli scioperi del marzo 1944 contro il fascismo, contro la fame e contro la guerra.Ecco, quello sciopero che costò il carcere e la deportazione a Ferdinando è ancora oggi ricordato dagli storici come il più grande moto di protesta e rivolta nell’Europa occupata dai nazisti: per giorni a Milano, come nelle altre grandi città industriali, fabbriche e servizi rimasero fermi, perfino il Corriere della Sera non arrivò nelle edicole. I tedeschi, che erano impegnati in una durissima campagna militare contro le formazioni partigiane, furono costretti a tornare nelle città. A chi parla della Resistenza italiana come un fatto di élite, sostanzialmente marginale e lontano dalle grandi masse, vorrei ricordare quegli scioperi, quegli operai come Valletti.
Così mi appare straordinario il racconto di Manuela Valletti di suo padre che gioca a pallone e che grazie a questo salva delle vite, lotta per sé e per gli altri. Che lezione in queste semplici e straordinarie azioni! I campi, quello di Mauthausen come il sottocampo di Gusen, sono i luoghi più tragici e più eroici del secolo che ci ha lasciato solo da 11 anni. Li ho visitati molte volte insieme ai ragazzi delle scuole romane.
Su un muro del campo di Bergen Belsen c’è un graffito, e ci sono delle parole, lasciate da un deportato. “Io sono qui – c’è scritto su quel muro – e nessuno racconterà la mia storia”. Ecco: la disperazione che questa frase reca con sé sintetizza, con una forza che ancora ferisce, la tragedia che fu la Shoah. La vergogna che furono i campi di sterminio. E dà ragione, questa frase, del motivo per cui noi, oggi, dobbiamo ricordare. E raccontare, trasmettere memoria e conoscenza, mettere in relazione il passato con il presente, l’esperienza degli anziani e degli adulti con quella dei giovani, con il futuro.
E’ per costruire il futuro che ha sentito il dovere della memoria anche chi avrebbe avuto, in realtà, mille motivi per dimenticare, per scordare il dolore, le sofferenze, l’orrore provato. Lo hanno fatto grandi scrittori come Primo Levi, che continuò a tormentarsi, a scavare nel proprio animo, per riuscire a raccontare. Hanno fatto così grandi scrittori, e premi Nobel, come Elie Wiesel ed Imre Kertesz. Hanno fatto così, e continuano a farlo nei nostri viaggi della memoria ad Auschwìtz, Piero Terracina, Shlomo Venezia, Enzo Camerino, Andra e Tatiana Bucci.
Ha fatto così anche Ferdinando Valletti.
E’ guardando indietro a tutto questo che diciamo “Noi ricordiamo”.
Perché osservare, riflettere, ascoltare, mantenere viva la memoria sono gli strumenti più efficaci per prevenire nuove sopraffazioni, per sconfiggere l’esclusione, l’intolleranza, ogni tipo di discriminazione che può presentarsi, oggi, sotto altri aspetti, facendo leva su suggestioni e argomenti differenti. E perché la memoria di ciò che è stato, della nostra storia, è parte fondamentale della nostra identità, della nostra unità nazionale.
Le nostre radici sono lì, in quel tempo. Dalla spinta verso la libertà e la democrazia che animò la scelta di tanti giovani, nacque la Repubblica. Grazie a un sentimento di comune appartenenza, a uno spirito di concordia e ad un senso delle istituzioni che riuscì ad essere più forte delle rispettive ragioni, fu scritta la nostra Costituzione, furono sanciti i principi e i valori grazie ai quali l’Italia è cresciuta e oggi è un grande Paese.
Ecco perché non dobbiamo dimenticare.

lunedì 24 ottobre 2011

Adesioni e donazioni

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 Ringraziamo sentitamente.

Associazione Culturale Ferdinando Valletti